Rutuli Cantores: perché questo nome? La scelta del nostro nome è legata alla storia della nostra città: Ardea. Era l’antica capitale del regno di Turno, il fiero avversario di Enea, le cui gesta sono narrate negli ultimi sei canti dell’Eneide dal poeta Virgilio.

Virgilio ascolta Clio e Melpomene. Tunisi, Museo nazionale del Bardo

Locus Ardea quondam dictus avis, et nunc magnum manet Ardea nomen, sed fortuna fuit.
La città era chiamata Ardea, il nome famoso lo conserva tutt’ora, ma non più la potenza.
(Virgilio, Eneide VII, 411)

A noi piace credere che anche l’origine del nostro coro sia molto più lontana dei suoi venticinque anni di vita. Negli anni settanta era stata la passione di un sacerdote a coinvolgere ed a contagiare alcuni di noi nel far musica insieme. Per altri vi erano precedenti esperienze, precedenti sogni o curiosità attuali. Diverse le motivazioni, diverso il sentire, ma comune lo scopo: far musica insieme al meglio delle nostre possibilità per noi e per gli altri, a volte stupiti per i progressi, spesso provati dalle difficoltà, mai rinunciatari.

Mancava il catalizzatore che trasformasse le potenzialità, la passione, l’amore e, magari, anche l’ambizione in qualcosa di concreto, in un coro. Lo trovammo in un professionista entusiasta del suo lavoro mise a nostra disposizione la sua esperienza. Tutto questo ha avuto inizio ad Ardea, terra rutula, un giorno d’estate del 1990, in un territorio non certo ricco di iniziative artistico-culturali almeno in tempi recenti, ed è per questo che con un po’ di retorica ed un pizzico d’orgoglio, ci piace pensare che i Rutuli Cantores siano rinati da qualcosa di antico, di storicamente e culturalmente già stato, come in altri tempi un airone tornò a levarsi in volo dalle ceneri fumanti della sua città.

Nel corso della nostra attività musicale ci siamo accorti che pochi collegano il nostro nome alla storia dell’antica Ardea. Uno dei pochi che lo hanno fatto (apprezzandone peraltro la scelta) è stato il sindaco di Tempio Pausania che sul palco del teatro “Giordo” della cittadina gallurese, al termine di un concerto, ha elogiato non solo la nostra musica ma anche il richiamo alla storia antichissima della nostra città ed alle sue vicende mitologiche narrate da Virgilio nell’Eneide.

Per il resto ai più questo nome appare decisamente misterioso, ancorché impronunciabile e per questo ci sembra oltremodo utile fornire qui i riferimenti storico-mitologici del nome che abbiamo voluto darci, allargando il discorso anche a notizie e informazioni (seppure molto succinte) sulla storia di Ardea, sul suo territorio e le sue straordinarie testimonianze storico-archeologiche.

LE ORIGINI DI ARDEA TRA STORIA E LEGGENDA

Il mito

Danaë(1892) di John William Waterhouse (1849 – 1917)

L’origine dell’antica città di Ardea, seppure storicamente risalente all’età del bronzo, è anche narrata da alcuni famosissimi miti. La più nota è la leggenda di Danae che, chiusa in una cassa con il figlioletto Perseo da suo padre Acrisio, approdò sulle coste laziali. Acrisio aveva interrogato un oracolo per sapere se mai avesse potuto avere un figlio maschio. Quello gli annunciò che non lui, ma sua figlia Danae avrebbe avuto un bambino, Perseo, ma gli rivelò anche che proprio da lui egli sarebbe stato ucciso.

Per evitare che la profezia si avverasse, Acrisio fece costruire una camera di bronzo sotterranea dove rinchiuse sua figlia, tenendola ben custodita. Ma proprio lì la raggiunse Giove che la sedusse penetrando sotto forma di pioggia d’oro da una fenditura del tetto. Quando nacque Perseo Acrisio non volle credere che egli avesse origine divina e mise sua figlia con il neonato in una cassa che affidò alle onde del mare. Secondo la mitologia romana Danae e suo figlio, giunti sulle coste del Lazio, finirono nelle reti di alcuni pescatori e furono portati da re Pilumno. Questi la sposò ed insieme fondarono la città di Ardea. Turno, re dei Rutuli, sarebbe stato il discendente di questa stirpe.

Atena divide Turno da Enea. Sebastiano Conca (1680-1764)

Un’altra leggenda ardeatina è quella così narrata da Ovidio nel XIV° Libro delle Metamorfosi, nella quale l’airone (simbolo di Ardea) rinasce dalle ceneri della città bruciata dai Troiani vincitori dopo il duello tra Enea e Turno:

Né la vergine Lavinia o le latine
città dotali sono il fine della guerra
ma l’unico fine è la vittoria e
per pudore di abbassare le armi,
ancora si incrociano le spade.
Infine,però,Venere in alto vede le insegne
Ardea cade con lui, città fiorente
finchè visse il suo re. Morto Turno,
il fuoco dei Troiani la invade
e le sue torri brucia e le dorate travi.
Ma, poi che tutto crollò disfatto ed arso,
dal mezzo delle macerie, un uccello,
visto allora per la prima volta,
si alza in volo improvvisamente
e battendo le ali, si scuote di dosso la cenere.
Il suo grido, le sue ali color cenere,
tutto ricorda la città distrutta dai nemici.
Ed infatti, d’Ardea ancora il nome ancor gli resta.
Con le penne del suo uccello
Ardea piange la sua sorte.

Secondo Dionigi di Alicarnasso, infine, la fondazione di Ardea sarebbe da attribuire all’eroe Ardeias, figlio di Ulisse e Circe, dal quale avrebbe anche preso nome la città. In tutte le versioni della leggenda sulla saga troiana, dell’arrivo di Enea nel Lazio e delle origini di Roma, Ardea ha sempre una posizione di grande rilievo. Tutti gli episodi della guerra tra Latini e Troiani si svolgono nei pressi della città e proprio al suo re Turno è assegnato il comando dell’esercito italico che si batterà contro quello di Enea.

La Storia

Le testimonianze preistoriche indicano una frequentazione, ad Ardea, che risale all’età del bronzo recente e finale (XIV° – X° sec. a.C.) ed all’età del ferro (VII° se. A.C). Gli scavi della zona della Civitavecchia hanno portato alla luce agglomerati di capanne e tombe, mentre i reperti della necropoli ardeatina di Campo del Fico, testimoniano un periodo di utilizzo databile tra il IX° ed il VI° sec. a.C.

L’età del ferro, evidenzia un’intensa circolazione di manufatti metallici (asce e fibule), forse usati come merce di scambio in un’economia che andava già acquistando connotazioni pre monetali. La società è in trasformazione ed entra in una fase protourbana che percorre l’urbanizzazione raggiunta in età arcaica con la grandiosità di edifici pubblici quali il tempio sull’Acropoli, quello in località Casalinaccio ed il santuario sul Colle della Noce. Ardea diventa il centro sociale, politico e religioso che comunica direttamente con il mare mediante l’ultimo tratto dei due corsi d’acqua che delimitano i pianori tufacei sui quali sorge.

L’area archeologica di Castrum Inui (Ardea, Roma)

Ha uno scalo marittimo (Castrum Inui), legato ai più antichi commerci delle coste laziali, che la pone al centro della via di comunicazione tra il mondo etrusco e quello L’assetto urbanistico risale al VII° sec. a.C. e comprende un sistema di fortificazioni articolato in tre terrapieni (aggeri) a difesa dell’Acropoli, della Civitavecchia e di Casalazzara. Nasce l’etnia detta “Ardeates Rutuli” che per molti ha origini etrusche. In questo periodo il popolo rutulo raggiunge la sua massima potenza. A difesa dell’Acropoli nel IV° sec. a.C. l’aggere si trasforma in possente cinta muraria ancora oggi in gran parte visibile.

Alla fine del VI° sec. a.C. Ardea rappresenta un ostacolo per le mire espansionistiche di Roma verso il Lazio meridionale costiero e vi sono i primi scontri tra le due città. La città rutula, assediata da Tarquinio il Superbo si salva solo grazie alla cacciata di quest’ultimo da Roma.

All’inizio del V° sec. Ardea è menzionata tra le potenze che partecipano alla costituzione della Lega Latina e prende parte con gli alleati alla guerra contro Roma che terminerà con la vittoria di quest’ultima e con il trattato di pace denominato “Foedus Cassianum”. Nella prima metà del V° sec. a.C., Ardea è impegnata a difendersi dalle incursioni dei Volsci, aiutata, sembra, sia dalla Lega Latina che dai Romani. Solo nel III° sec. a.C. si schiera apertamente con Roma (l’esercito di Camillo che liberò Roma dall’invasione dei Galli, sarebbe partito proprio da Ardea). Quando Roma impone il proprio dominio alle città della Lega, anche Ardea viene sottomessa. Della sua potenza, per lungo tempo, resterà solo il ricordo, mentre Roma costruisce il suo immenso impero.

La storia di Ardea riprende vigore alla fine dell’XI° sec. d.C. quando, come castello con rocca e torre, è per metà del Monastero di San Paolo che la ottiene in proprietà esclusiva solo nel 1130. A metà del XIV° sec. fu occupata da Nicola Brusco, monaco di Successivamente Clemente VII° la recuperò al Monastero.

La Rocca di Ardea alla fine dell’Ottocento

Donata a Giordano Orsini dall’antipapa Clemente VII°, fu riscattata da Urbano VI° che la cedette a Iacovello Orsini per 13.000. fiorini d’oro.

Nel 1405 Innocenzo VII° la riunì alla Camera Apostolica. Passò ancora agli Orsini e poi ai Colonna. Fu occupata dal Duca d’Alba e, finalmente, passò ai Cesarini.

Nel 1564 Giuliano Cesarini l’acquistò da Marcantonio Colonna, il vincitore della battaglia di Lepanto. Le vessazioni delle famiglie nobili, il brigantaggio e le condizioni malsane del suo territorio paludoso hanno contribuito ad un periodo nefasto della storia di Ardea.

Dopo l’unità d’Italia il suo territorio ha fatto parte dei comuni di Genzano, Roma e Pomezia fino ad ottenere nel 1970 la propria autonomia comunale.

Ardea oggi evidenzia in alcune sue parti aspetti dell’antica Acropoli: sorge su un pianoro tufaceo difeso da ripidi costoni; è lambita da due corsi d’acqua che confluiscono nel fiume Incastro alla cui foce sono i resti dell’antico scalo marittimo (Castrum Inui) ed occupa tutto il pianoro della Civitavecchia già abitato nell’età arcaica.

L’urbanizzazione incontrollata degli ultimi decenni ha modificato profondamente l’assetto ambientale dell’antica Ardea che conserva comunque notevoli testimonianze del suo grande passato. Per lungo tempo la bellezza selvaggia dei luoghi ha colpito tanti illustri visitatori. Tra questi, da ultimo, non si può non ricordare il grande scultore Giacomo Manzù che qui ha stabilito la sua dimora nei primi anni ’60.

Il Castello Sforza Cesarini prima della sua distruzione durante la seconda guerra mondiale

Veduta opposta del castello

Fra i tanti intellettuali, artisti e poeti che sono rimasti affascinati dall’antica Rocca d’Ardea vogliamo citare il poeta Gabriele D’Annunzio che così la descrive:

Tutto esprime la forma e la grandezza nella muraglia della prisca città fondata da una schiera di Argivi, spinti alla spiaggia dal vento di mezzodì. La valle dell’Incastro è una conca piena del medesimo silenzio che empie i sepolcri cavi dei Rutuli premevi; la chiosa dei monti, dagli aricini ai lanuvini, dagli albani ai veliterni, è un ciclo di miti impietrati; nell’epica luce sembrano vaporare gli spiriti delle stirpi; i massi squadrati hanno per eterno cemento la parola di Virgilio: et nunc magnum manet Ardea nomen“.

Queste brevi note storico mitologiche vogliono soltanto rappresentare un piccolo omaggio alla terra che ci ospita ed alle sue antiche origini. In questo senso, se lo vorranno, siamo aperti al contributo di tutte le altre associazioni che operano sul territorio affinché il grande patrimonio storico e culturale di Ardea, sia riscoperto e valorizzato e ne sia diffusa la conoscenza.