Roma, Museo delle Civiltà / Museo dell’alto Medioevo
Sala dell’Opus Sectile, 27 maggio 2017

Musica e poesia nel canto polifonico tra Medioevo e Contemporaneo

Da sempre la poesia e la musica hanno tra loro uno strettissimo rapporto. Fin dall’antichità nel canto, sia sacro che profano, persisteva una connessione intima tra musica e parola. Quando poi la parola, assurta a ritmo musicale, prese ella stessa una forma armoniosa, nacque la Poesia. Non a caso i poeti greci e latini, erano chiamati aedi, citaredi, rapsodi, termini che avevano in sé la radice del vocabolo greco aoidòs, cioè “canto”. Anche il nome italiano di molte forme poetiche indica la loro stretta connessione con la musica: sonetto (dal latino sonus = suono, attraverso il provenzale sonet diminutivo di so = poesia per musica), canzone, canzonetta, ballata, rondo’ o rondello (che in antico indicava una breve ballata per musica con ripetizione del primo verso alla fine di ogni strofa), canto, ode, inno. Il comunissimo termine Canzone (dal vocabolo latino cantiocantionis = canto, mutuato attraverso il provenzale cansò = composizione di versi e musica) fu usato agli inizi per indicare qualsiasi componimento rimato destinato al canto.

Durante il Medioevo in seno alla chiesa cattolica si utilizzava quale forma di salmodia liturgica una musica vocale, monodica, sicuramente di tradizione orientale molto più antica: il Canto Gregoriano. Questo deve il suo nome a Gregorio Magno (540-604) che contribuì alla sua diffusione quale mezzo di mezzo di preghiera, recitazione, lettura. Affidata esclusivamente alla melodia e al ritmo della parola, le possibilità di questa musica erano apparentemente rudimentali, ma tutt’oggi di grandissimo impatto emotivo: ripresa, ripetizione d’un tema, felice equilibrio di frase melodica, riuscito connubio della parola con il suono. Molti autori si sono cimentati nella rivisitazione dei temi gregoriani, aggiungendo alle sonorità antiche originali una struttura armonica, a volte complessa, che negli esempi più sublimi riesce ad esaltarne il misticismo. Ad essi è dedicata la prima parte del concerto: ogni epoca, infatti, ha interpretato il sacro e il profano secondo la sensibilità del suo tempo.

Prima ancora dell’invenzione della stampa, le idee musicali hanno viaggiato nei secoli, tramandate nella memoria di chi le ha fatte rivivere nelle proprie esecuzioni, in contesti sacri o nella quotidianità.

Nata nel Medio Evo, sulla scia del Canto Gregoriano (IX e X sec. d.C.), la Canzone popolare prese forma nel teatro dove si rappresentavano i Misteri e nelle chiese dove si cantavano inni e sequenze, con parti anche in lingua volgare. Dal canto religioso facilmente si passò a canzoni per danze, canzoni per brindisi, canzoni d’amore, con o senza ritornello. Nel Trecento e nel Quattrocento, era detta Ballata (o Canzone a ballo) la poesia con strofe e ritornello (ripresa), adatta ad accompagnare la musica e il ballo. La ballata di destinazione musicale con i versi brevi, ottonari o settenari, veniva chiamata anche Barzelletta, ben esemplificata dal brano “Quant’è bella giovinezza” di Lorenzo de’ Medici.

A partire dal Quattrocento ebbe successo una forma poetica di stampo prettamente popolare, generalmente in ottonari e settenari che, su arie musicali, cantava in maniera semplice e vivace la varietà dei sentimenti e degli stati d’animo più spontanei. Ebbe nomi diversi: Villanella, Frottola e Strambotto. Il programma della seconda parte vuole offrire un assaggio di queste composizioni polifoniche “profane” scritte tra il XIII e il XVI sec.d.C., che più che mai mettono in evidenza lo stretto connubio tra musica e poesia.

Il coro Rutuli Cantores all’Opus Sectile di Porta Marina, presso il Museo delle Civiltà, Roma EUR

1° parte

Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525 – 1594)
Alma redemptoris Mater
Heikki Klemetti (1876-1953)
Salve Flos
Angelus emittitur
Albert J. Alcaraz (1978)
Illuxit Nobis Hodie
Luigi Molfino (1916 – 2012)
O Sacrum Convivium

2° parte

Anonimo inglese (XIII Sec.)
Sumer is icumen in (doppio canone a voci f.)
Anonimo fiorentino (XV Sec)
Quant’è bella giovinezza
Giangiacomo Gastoldi (1555c – 1622)
Lo Spensierato (Balletto a 3 voci)
Anonimo napoletano (XVI Sec.)
Madonna tu mi fai lo scorrucciato
Thoinot Arbeau (1520-1595)
Belle qui tiens ma vie
Claudin de Sermisy (1490-1562)
Tant que vivrai
Claudio Monteverdi (1567-1643)
Son questi i crespi crini
(dal primo libro delle canzonette, a tre voci f.)
Giangiacomo Gastoldi (1555c – 1622)
L’Innamorato